Arzengio tra presente e passato
Là, nella valle di Luni,
“stupenda!”
col suo verde, i suoi fiumi,
con i monti di marmo,
ed il mare che fa da apertura,
a paesi e città, di superba cultura,
c’è un borgo baciato dal sole,
appoggiato su un colle rotondo,
da lì guarda, con finto distacco,
tutti i guai che disturbano il mondo.
Da un lato, un peduncolo strano,
lo prolunga lassù, verso il monte,
con la Chiesa a far da guardiano,
il campanile un po’ più lontano.
Qual colpo di luce su fondo selvoso,
le case dipinte, ed il rosso dei tetti,
lo pongon, com’opra palese,
con amor creata, da natura cortese.
E’ questo, il paese che amo,
il suo nome è “Arzengio”.
Ma gli occhi del cuore,
non vivon di questo colore,
i ricordi, mi prendon per mano,
e mi portano indietro, in un tempo lontano.
Rivedo le case di allora,
costruite, con pietra su pietra,
impastate con malta e sudore,
ed i tetti anneriti dal fumo,
di camini ch’eran senza riposo,
per dare, ad adulti e bambini,
quel calor, che per tutti è ristoro,
e da’ forza al cuor generoso,
come amor, tra la donna e il suo sposo.
Ricordo le strade di sassi,
resi lustri da béne e da tràse,
trascinate da bestie pazienti,
condotte, da uomini forti,
che al mattino, ancora lontano,
ogni giorno forzavan la mano,
per trar dalla terra matrigna,
le risorse, per uscire da una vita meschina.
Le donne poi, come non ricordare,
erano tutte di razza speciale,
dall’alba al tramonto a lavorare,
nei campi, in casa, ovunque c’era da fare,
e alla sera, tanto per cambiare,
intorno al fuoco, col rosario in mano,
davano forza, ai grandi ed ai piccini,
che già col cuore, guardavano lontano,
verso un mondo ancora sconosciuto,
ma che speravan di toccar con mano,
e che oggi, ovunque, hanno portato,
quella tenacia, che a lor hanno insegnato.
Ancor porto negli occhi e dentro il cuore,
quel mondo, fatto d’asprezza e tanto amore.
Ora, se ne sta lì, tutto raccolto,
così, che senza alcuno sforzo,
li posso tutti quanti riabbracciare,
perché dal loro vivere ho imparato,
che nella vita, conta, quel che hai,
ma soprattutto, conta quel che hai dato.
E’ questo il paese, che ancor di più io amo.
Mauro Zecca
Nel ricordo di quanti, (tanti) con sacrificio e
umiltà,
hanno fatto bello il nostro paese di Arzengio,
vi parlerò di uno di loro.
A Paolo Bianchi (Palo dlà Vigna)
Arzengio tra presente e passato
Vi voglio ricordar,di Arzengio un uomo
Che nell’orto di Dio fù primizia
E che lassù nel ciel, dov’è alloggiato.
Un posto di riguardo, avrà trovato.
Ero un ragazzo allor, correvo via
E dalla vita attorno ero distratto
Adesso….
Nel rimembrar del tempo, ormai passato
A lui, per un momento ho ripensato.
Guardando il campanile del paese
M’è parso rivederlo… come un lampo
Mi son commosso e ho nascosto il pianto.
Paolo della Vigna, era chiamato
E mai uomo fu meglio menzionato
Due vigne, con amor egli curava
Quella terrena….
E quella del Signor, che tanto amava.
Mai, mi sovvien di lui, un modo brusco
Volto al sorriso, come una carezza
La sua presenza era una certezza.
Con le campane poi, era un portento
Punto sicuro di riferimento
Per chi, stava nei campi, o con l’armento.
Poi, quando infine il giorno si scioglieva
Nell’imbrunire lento della sera
Ecco….
Palo suonar “ l’Ave Maria “
Richiamo di struggente sinfonia.
Le note, si spandean nella valle
Per rimbalzar lassù, alte nel cielo
Ad avvisar le stelle
Di preparare il lume e farsi belle.
In quel momento, anche il miscredente
Frenava il passo, come l’altra gente.
Chissà che penserà, vedendo adesso
Le sue campane battere a comando
È sempre bello, ma non è lo stesso.
Chissà che penserà della sua chiesa
Che lui apriva per la gente pia
Ed ora chiusa…
Qual fosse bugia.
Narra, una leggenda di paese
Che Palo , già avanti con l’età
Si presentò un dì dai “Cappuccini“
Per indossare il saio e star colà.
Ma il frate superiore del convento
Lo rispedì indietro…. A lui dicendo:
“fratello" conoscere i proverbi è cosa saggia:
“ chi tardi arriva, sempre male alloggia“.
E Palo senza scomporsi di rimando:
è storia vecchia,si, già la conosco:
“chi presto arriva il culo mette a posto”.
Ritornò così al suo paese
Continuando a servire nostro Signore
Meglio dei frati tutti e del Priore.
E qui si chiude , questa nostra storia
Se vi è piaciuta… fatene memoria.
Mauro Zecca